Ci siamo anche noi

di Mauro Carena

Oggi si è montanari per scelta, non più per nascita. Sono superati i tempi in cui si descriveva la montagna come luogo di lassù gli ultimi rimasti e del mondo dei vinti, è cambiata la mentalità che individuava i paesi delle terre alte quali località dove resistere eroicamente all’abbandono, contenitore di memorie pittoresche da farne un museo di sterili rimpianti, oppure lo spazio prepotente dello sci, delle vacanze nelle solite località, del parco giochi per turisti annoiati o accaldati d’estate.

La tradizione è una fondamentale eredità che deve essere però reinvestita e, proprio come fu per le vecchie generazioni, gli abitanti in quota, nelle valli e nelle campagne possono vivere meglio la natura, il senso della misura, stili di vita più sobri, la necessità della dimensione collettiva per aiutarsi e la responsabilità ambientale per le generazioni che verranno.

Dunque, ci siamo anche noi e se la tutela delle minoranze è principio sacrosanto, allora serve attenzione anche ai territori poco popolati, dove i diritti costituzionali non sempre si applicano e le azioni non fanno rumore. Vivere, lavorare e trascorrere tempo in montagna può essere una risposta al bisogno di natura e socialità e serve a mantenere bene i luoghi per sé e per gli altri. Le minoranze non sono solo lontane o perseguitate: ignorare quelle vicine perché non conviene politicamente significa per la montagna ostacolare un patrimonio di ambiente, salubrità, rinascita, nuove idee e strategie di vita che, però, servono tanto all’Italia intera.